Capiamo a cosa servono le emozioni!

Le emozioni sono il nostro primo strumento di sopravvivenza

Se pensiamo alle emozioni, la gamma delle nostre possibili reazioni andrà da una valorizzazione delle stesse, che può giungere sino ad una forma di sensibilità sentimentale e romantica, ad un decrescere di tale enfasi, con un loro progressivo controllo, ridimensionamento o presa di distanza, che conduce, per il mondo occidentale, ad una loro sottomissione al razionalismo e, per quello orientale, all’ascetismo e alla loro presa di distanza.

Molto diverso è in realtà l’approccio che caratterizza da qualche decina di anni il panorama scientifico sull’argomento, frutto ed espressione di importanti scoperte rese anche possibili da nuovi e sofisticati strumenti di indagine diagnostica.

Forse vi sembrerà strano ma coloro che studiano le emozioni oggi convergono sull’idea che esse si occupino dei compiti fondamentali della vita.

Dal punto di vista evoluzionistico, questo significa che ogni emozione ci spinge in una certa direzione, che è quella che, in circostanze ripetute, si è dimostrata la migliore per noi. In sostanza quella che ci ha permesso di sopravvivere, contribuendo a farci diventare quello che ora siamo come individui e come specie.

Alle origini le emozioni avevano, ma, come vedremo, tutt’oggi hanno, una precisa funzione: quella di farci sopravvivere alle situazioni, aiutandoci ad affrontare le difficoltà.

Autorevoli ricercatori ritengono che le nostre emozioni riguardino quindi situazioni ricorrenti in tutta la nostra storia evolutiva, come sfuggire ad un pericolo, trovare cibo o accoppiarsi, in cui il passato fornisce l’interpretazione del presente.

Secondo questo modo di vedere le cose, come dice J. Ledoux: “Un elenco di comportamenti adattativi che sono essenziali per la sopravvivenza sarebbe in sostanza un elenco di emozioni elementari.”

Tutto questo è supportato da un preciso hardware, oggi ben descritto dalle moderne neuroscienze. Da un punto neuronale, quello che avviene dentro di noi quando il meccanismo di valutazione di uno stimolo esterno, di una situazione o di un evento libera certi modelli di risposta, è che si creano reti di neuroni in grado di collegare lo stimolo con la risposta più capace di mantenere in vita un organismo.

Capiremo lentamente tutto questo, non tanto per diventare esperti di neurologia, quanto piuttosto per cogliere anche l’architettura del nostro pensare e del nostro amare, odiare, aver paura, essere tristi, ecc.

Disegnare tale architettura non significa certo chiudere i nostri sentimenti tra quattro mura, sarebbe inutile e quantomeno presuntuoso, ma piuttosto iniziare a coniugare l’hardware e il software della nostra mente; un primo gradino per quel progetto, peraltro da sempre presente nel mondo orientale, di dialogo tra corpo e psiche, e persino tra materia e spirito.