Nelle mie peregrinazioni sui social mi capita spesso di incontrare donne e uomini imprigionati dalle proprie convinzioni, è a loro che dedico con amorevolezza questo post, con la speranza che inizino a cercare la chiave per aprire la loro gabbia. Questo cercherò di farlo, non tanto parlando di tali convinzioni, cosa che farò in futuro, ma di una delle più importanti fonti delle stesse: il fraintendimento dei messaggi del corpo.
Con questo primo, inauguro così una serie di ben sei post tutti dedicati al corpo.
Nei precedenti abbiamo visto che il nostro corpo genera emozioni, sentimenti e pensieri, e questo perché invia costantemente al cervello informazioni di carattere emozionale.
Se molti oggi sanno che il nostro corpo invia segnali, pochi conoscono come questo avviene e, soprattutto, con che finalità.
Provo a raccontarvelo senza annoiarvi troppo!
Le esperienze che noi facciamo nel corso della vita si strutturano dentro di noi primariamente a livello somatico. Cosa significhi questo, cerco di spiegarvelo con un semplice esempio.
Incontriamo un cane feroce che ci ringhia contro, bene, a livello somatico accadranno delle cose (pelle, battito cardiaco, stomaco, apparato muscolo-scheletrico, postura, espressione del viso, ecc.) che peraltro, è bene precisarlo, corrisponderanno a precise modificazioni neuro-chimiche ( ormoni, neurotrasmettitori, ecc.).
La registrazione di quest’esperienza, con tutta la complessità degli eventi descritti, andrà quindi a costituire uno specifico “pacchetto”, corrispondente a quelle precise modificazioni, somatiche e neurochimiche, il quale andrà ad affiancarsi ad un infinità di altri pacchetti, tutti espressione del nostro bagaglio emotivo. Una sorta di banca di dati, che serviranno a produrre una risposta veloce e utile nelle situazioni di emergenza.
Nel nostro esempio: cane che ringhia à pericoloà mi allontano.
Tutto questo, oltre a salvaguardarci dai pericoli, come nel caso del cane feroce, fornisce la base della nostra capacità intuitiva, il nostro valutare il mondo con lo stomaco o di pelle, a seconda dei linguaggi. Un preziosissimo strumento questo, a seconda della corrente di pensiero, a volte vituperato e a volte acriticamente idealizzato.
Per poterlo ben utilizzare, credo però si debbano evitare entrambi gli atteggiamenti.
Così come credo sia ormai anacronistico affidarsi ad un pensiero esclusivamente razionale, così penso sia confusivo fare affidamento alla propria intuizione, senza averla adeguatamente coltivata attraverso un opportuno lavoro di presa di coscienza di se e di consapevolezza.
Mi spiego meglio. Il meccanismo di segnale che giunge dal livello corporeo (es. rigidità al collo) può, ad esempio, innescarsi non in funzione di quanto stiamo realmente vivendo, ma essere magari frutto di nostri ricordi ( quel cane feroce dell’esperienza del passato, che mi fa pensare che tutti i cani possano essere pericolosi), oppure del pensiero o dell’immaginazione, creandoci una visione parziale di quella stessa realtà, che, se assolutizzata, diventa poi una vera e propria distorsione della stessa.
Eccoci allora a pensare che quanto da noi provato origini dai nostri visceri e, in quanto tale, rappresenti il nostro modo autentico di interpretare la realtà, ma, in questi ultimi casi, esso è invece espressione di convinzioni frutto delle nostre esperienze e che condizionano la nostra percezione autentica di quell’evento con il quale ci stiamo confrontando, impedendoci, in realtà, di entrare in contatto profondo con lo stesso.
Ci può quindi capitare di essere reticenti con una persona, di provare un fastidio di pelle nei suoi confronti, e di pensare che questo sia frutto di una lettura profonda della stessa, mentre il tutto è semplice conseguenza di pure convinzioni, che peraltro non stiamo neppure governando consapevolmente.
Riflettiamo!!!
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