Serve la paura?

Proviamo a guardarla da una prospettiva diversa

La paura altro non è che un comportamento difensivo che, come abbiamo visto per le altre emozioni, produce le reazioni che aumentano la probabilità di sopravvivere in una situazione di pericolo e nel modo più vantaggioso, perché i nostri sistemi cerebrali sono meravigliosamente programmati per affrontare il pericolo come una routine.

Si deve sapere che la paura, almeno per quel che riguarda la prima reazione, si esprime allo stesso modo sia nell’essere umano che negli altri animali: tutti si devono proteggere dal pericolo, disponendo però di strategie limitate.

A questa considerazione si aggiunge il fatto che gli umani, in situazioni di minaccia, si comportano tutti in modo simile: un’uniformità questa che suggerisce che i modelli di risposta ad essa sono programmati nel cervello.

Risulta inoltre fondamentale sottolineare che tali reazioni operano indipendente dalla coscienza, sebbene questa possa essere presente, svolgendo, a sua volta, un ruolo importante, che spesso ne alimenta la portata.

Certamente esistono interazioni tra coscienza e paura e sicuramente queste sottendono dei sentimenti, che, peraltro, come vedremo più avanti, hanno anche un ruolo importante nell’esito dell’intero processo.

Tuttavia è ormai innegabile che la funzione che l’evoluzione ha attribuito alla paura è quella della sopravvivenza innanzi al pericolo. Il sentimento è un sottoprodotto successivo che coinvolge altri processi più complessi.

Infatti, il modo con il quale agiamo e anche pensiamo non sono esclusivamente frutto della descritta programmazione, che costituisce peraltro un importantissimo accesso dal quale entrare per agire sull’emozione e sul suo vissuto; la componente relazionale, sociale culturale offre un ulteriore importantissimo contributo, d’altra parte ben più approfondito e sviluppato dalla psicologia.

Stante il livello di ricerca attuale, diventa importante comprenderne i reciproci contributi, i livelli di interazione e i processi attraverso cui tutto questo si sviluppa nel corpo, affinché si possano implementare strategie di intervento che tengano conto della complessità che ci caratterizza.

Proprio su questa interazione reciproca si sviluppa il mio lavoro quotidiano e si concentrerà l’attenzione dei miei futuri contributi settimanali.