Caro dottore,

Il sentirsi senza anima il non provare sentimenti il chiedere aiuto gridando di non sentirsi “normale” in un ragazzo in una fase di stress scolastico, un ragazzo che è stato di nascita chiuso introverso che si è tirato sempre in dietro e per non forzarlo o traumatizzarlo non si è voluto spingere conto la sua volontà nella società ma oggi si scopre arrivando al punto di dover chiedere aiuto dopo due anni di a suo dire “da quando ha perso l’anima”, perchè non c’è la faceva più.
Può essere una forma di depersonalizzazione,derealizzazione?
E se lo fosse è una sindrome (malattia se giusto dirlo) revesibile?

Cosa devo e posso fare?
Grazie

Risposta

Caro M.,
il dolore, la solitudine, l’incomprensione e la sofferenza possono avere infinite cause e ragioni. Evitare, per quel che è possibile, il dolore e la sofferenza è più che giusto, è naturale ed è ciò che si deve sicuramente fare, per il diritto di ogni essere umano, di vivere bene la propria vita. Tuttavia, è necessario avere, anche la piena consapevolezza del prezzo che questo comporta: “non sentire”, o “sentire di meno”, o avere la sensazione di essersi inariditi, o di aver perso l’anima. Spesso, dimentichiamo, o non riflettiamo abbastanza sul fatto, che il dolore è il prezzo che paghiamo, per la felicità, o lo stato di benessere perso. Pertanto, se visto in quest’ottica, proprio il dolore o lo stato di aridità e/o di insensibilità devono costituire lo sprone ad attivarsi nuovamente, per determinare le condizioni e le situazioni che ci permettono di vivere bene e, come desideriamo, la nostra vita.
Importanti, perciò, non sono le analisi delle probabili cause del nostro malessere interore ed esistenziale, nell’individuare i colpevoli o i responsabili, ma piuttosto, il chiedersi: “ora. proprio ora”, cosa voglio; cosa desidero fare della mia vita e quante altre esperienze voglio ancora vivere e quali rischi sono disposto a correre, per realizzare tutto quello che mi permette di vivere come sono, sento e voglio?. Se a queste domande non si è pronti a rispondere, o non ci si sente predisposti a farlo, o si ha timore di rispondere, allora è giusto, salutare e, soprattutto, amorevole, nei propri confronti, rivolgersi a chi ci può dare un adeguato aiuto professionale.