Caro dottore
Mi sono lasciato dopo 9 anni con la mia ragazza. Dopo 2 mesi da “separati” ci siamo ritrovati. Questo tempo ci è servito per capire che era la monotonia e la necessità di cambiare alcune cose del nostro rapporto a guastare la nostra storia. Ci siamo scoperti innamorati e la nostra storia è ricominciata.
Ho molto sofferto per la separazione in questi 2 mesi. Io sono stato lasciato e ero entrato in una profonda crisi che ho pensato di affrontare anche rivolgendomi ad una psicoterapeuta. Ora lei è tornata e la mia vita è “perfetta” (lavoro, amici, hobby). Non potrei desiderare niente altro eppure…. Eppure questo periodo di 2 mesi di profonda depressione sembrano avermi lasciato qualcosa di profondo che non se ne và. E’ come se il mio stomaco pieno di depressione si fosse ora liberato, ma sulle pareti sia rimasto uno strato di “male”.
E’ brutto sapere di essere fortunato, di avere solo di che ringraziare la vita…. e non poterlo apprezzare. Mi fa sentire ingrato, frustrato e quindi….. triste.
Grazie se saprà spiegarmi se la mia è una situazione normale del tipo “decorso post operatorio” o è una situazione più complessa.
Caro G.,
l’esperienza che lei racconta mi fa pensare che è la vita stessa, spesso a nostra insaputa e nostro malgrado, a metterci di fronte a qualcosa di inaspettato, di cui ci sforziamo di trovare un senso , e che forgia le nostra conoscenze, i nostri pensieri e le nostre emozioni. Così il vissuto di una “separazione” è un vero e proprio “lutto” che vorremmo non dover mai sperimentare.
Forse sarebbe meglio parlare di un “rivissuto” visto che la prima esperienza di separazione che ci troviamo tutti a dover vivere e che rimane “codificata” nel nostro corpo e, da qualche parte, anche nella nostra mente, è quella della nostra nascita, perché è nell’utero materno che inizia il nostro esistere ed il nostro plasmarci di fronte alla vita.
Lei usa una espressione molto significativa: “sulle pareti è rimasto uno strato di male”; essa mi colpisce molto, perché credo rappresenti molto bene il significato del dolore provato quando sperimentiamo qualcosa che ci fa star male, ma, come nel suo caso, nello stesso tempo ci fa crescere e ci fa distaccare da ciò che eravamo prima. Si forma una nuova pelle, una nuova identità che lentamente si costruisce, con il disagio di portarci dietro qualcosa di nuovo che sembra non appartenerci completamente e di aver invece perso qualcosa che ci rappresentava e ci rassicurava, disagio che noi avvertiamo attraverso vere e proprie sensazioni fisiche.
Io credo che ora lei debba vivere questa nuova realtà, osservando come cresce, come si evolve e dove la porterà, accettando il fatto che la vita è una metamorfosi, una crescita continua e che questo non può avvenire senza dolore.
Pertanto non si senta frustrato o ingrato, ma guardi con fiducia a questo cambiamento come a una espressione del suo Sé. Forse la frustrazione nasconde la paura: ma questo potrà, magari con il tempo, scoprirlo da se.
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