Caro dottore,

Sono una donna di 30 anni e da qualche anno ho una relazione con un uomo che fa uso di cocaina e di alcool. All’inizio il nostro rapporto era fantastico, lui riusciva a farmi sentire speciale, poi, col tempo, tutto è cambiato. Dopo alcuni mesi di convivenza ho scoperto queste sue debolezze ed ho provato ad aiutarlo invitandolo a farsi aiutare ma lui, nonostante le tante promesse, non ci sente. La vita per me è ora diventata un incubo, anche se sento di amarlo e di non riuscire a separarmi da lui. Cosa devo fare, credere alle sue promesse o decidere di andare oltre?

Carissima,

mi lasci aprire un breve capitolo su quelle che lei definisce le “debolezze” del suo compagno. La cocaina è uno stimolante che esplica la sua funzione attraverso l’aumento di un neurotrasmettitore chiamato Dopamina, che modula il piacere (inteso come sensazione di benessere), aumentando o diminuendo la nostra propensione alle dimensioni emotiva e relazionale. Un’altra funzione della cocaina è quella di stabilizzare l’umore, con una potente funzione antidepressiva. Il problema è che se un soggetto “impara” a stabilizzare il proprio umore attraverso l’uso di questa sostanza, tutte le volte che, per qualche ragione, si sentirà teso o con umore basso la ricercherà, diventandone sempre più dipendente. Lo stesso discorso vale per l’alcol, che invece agisce su un’altro neurotrasmettitore (GABA), connesso alla funzione di controllo e gestione degli stati ansiogeni.

Una volta che l’uso di tali sostanze diventa consuetudine non è difficile capire quali conseguenze questo possa avere sul piano psicologico e, cosa per noi ancora più interessante, sul piano relazionale: in questo “mondo della chimica” le persone, infatti, non contano.
Ritornando a lei, la sua non è purtroppo una condizione rara, specie al femminile. Le dinamiche relazionali che descrive, e che per brevità ho dovuto omettere, sono classiche di queste situazioni: si realizza una sorta di “imprigionamento” psicologico da parte di chi, spinto dal desiderio di aiutare l’altro, viene, contro ogni volontà, irrimediabilmente fagocitato.

Da quello che mi dice ha fatto molto per quest’uomo e forse è giunto per lei il momento di occuparsi di se stessa, chiudendo con questa modalità assistenzialistica che la sta distruggendo, senza peraltro permetterle di ottenere alcun risultato. Così facendo potrà forse aiutare quest’uomo a confrontarsi con le proprie sofferenze, facendosi carico delle proprie responsabilità.